sabato 26 ottobre 2013

Al limitare del cambiamento

Al limitare di un cambiamento, come osservando un'immensa foresta che si estende ai miei piedi, da cui provengono richiami di uccelli bizzarri dalle piume sgargianti e ruggiti di maestose tigri con grandi occhi ipnotici.
Al limitare del cambiamento, oscillando su una fune immaginaria che separa due campi di gioco, una fune rossa che divide i bianchi dai neri, il di qua dal di là.
Al limitare del cambiamento: un passo e sarò di là.
Salgo il gradino. Oscillando, sbandando, colpendo la testa su spigoli, urtando lo stomaco contro ostacoli e spuntoni che emergono all'improvviso nello stretto passaggio che percorro.
Salgo il gradino, a destra si apre una visuale inedita su paesaggi che non conosco, ma la cui bellezza mi è familiare.
Mi giro per guardare chi ero: immobile Anna mi osserva dal pianerottolo in fondo alle scale. Ha gli occhi vitrei, il corpo inerte, sembro io, ma non lo sono più.
Perché io sono qui.
Che fare ora? Quella che ero non esiste più, quella che sono vuole ancora essere conosciuta.
Le gambe incrociate, mi guardo in grembo e vedo un cucciolo di uomo - o animale non saprei - che chiede amore infinito: qualcosa che non ho imparato a esprimere, ma che so riconoscere.
Non ho saputo finora esprimerlo, ma ora forse posso provare.
Ho paura che aprendo il mio cuore a questo cucciolo sentirò anche dolore affiorare.
Quel simulacro, quella statua in fondo alle scale, porta i segni di molta sofferenza e la sua memoria rimane dentro di me.
Però il cucciolo è vivo, il cucciolo ha bisogno di cure, se non viene amato può addirittura morire.
Il cucciolo non ammette esitazioni e se non ci sono lo sente, non gli bastano vane promesse.
Il cucciolo mi vuole in totale presenza, in totale dedizione e concentrazione.
Come se amarlo fosse davvero il compimento di un'opera che potrò finalmente definire "mia".
La mia opera, la mia vita.

...to be continued...


venerdì 11 ottobre 2013

Assecondare o domare la propria natura?

Ci sono aspetti della mia personalità che molti non apprezzano, altri invece incontrano il favore degli altri.
Ma non sono sicura che tutti quelli della prima categoria siano negativi e positivi i secondi.
Vi siete mai chiesti se questo criterio, chiamiamola "risposta sociale", debba essere così decisivo?
Ci sono molte "buone maniere" diffuse più per paura che per convinzione, per esempio non sta bene rifiutare un regalo, bisogna evitare di scaldarsi quando si discute, sorridere se qualcuno ci sorride, così come ci sono alcuni stereotipi su cosa renda accettabile o meno una personalità.
Ma è come se una parte di noi accettando questa mediocrità lentamente morisse. Perdiamo quella bussola interna che ci indica la nostra verità.
Oggi per esempio ho assistito a una piccola scena in un negozio. C'era questa ragazza a cui la madre voleva comprare un paio di scarpe. La ragazza era di una gentilezza talmente esagerata da farmi pensare che fosse molto a disagio in quella situazione e avesse accettato per accontentare la madre.
Ho conosciuto anche adolescenti esasperatamente conflittuali e pronte a vomitare addosso al primo malcapitato tutta la loro collera e frustrazione.
Ma: e se fosse possibile consolidare in se l'idea che ciò che sentiamo e pensiamo abbia la dignità di essere espresso? Se la ragazza collerica e quella gentilissima potessero dire: grazie, capisco tu mi voglia fare un regalo, ma vedo che qui non c'è niente per me e preferirei fare altro? Dico così a titolo di esempio.
Sembrano piccole cose, ma spesso accade che queste piccole mancanze di autenticità si rafforzino come modelli di comportamento. La conseguenza più devastante è quella di non saper più riconoscere ciò che noi in prima persona realmente desideriamo anche nelle scelte più decisive della nostra vita.
Forse poi non a tutti farà piacere sentire la nostra verità, ma almeno non avremo mancato di essere leali verso noi stessi e di nutrire quel nostro centro senza il quale gli eventi perdono di significato e cominciano ad accumularsi alla rinfusa, un po' come i panni da lavare.
Buonanotte

mercoledì 9 ottobre 2013

Paura di non ritrovare quello che si pensava di essere

Qualcuno lo chiama "spirito", altri "anima". In questo modo la maggior parte delle persone si riferiscono a qualcosa che trascende l'esperienza ordinaria, cioè la percezione dei sensi. 
E quindi quasi tutti noi pensiamo si tratti di aspetti astratti dell'esistenza, di cui forse sapremo qualcosa dopo morti. 
Mi viene in mente un aneddoto riferitomi da un'amica insegnante di religione. Un bambino le chiede: "Maestra, ma se quando moriamo l'anima va in paradiso e il corpo sotto terra, io dove vado?". 
E probabilmente la nostra esperienza personale non ci darebbe gli strumenti per rispondere a quel bambino. 
Eppure tutte le grandi Tradizioni, i maestri, gli scritti sacri, le annotazioni lasciateci dai ricercatori dell'esistenza, ci dicono che questo "spirito" o "anima" per altri, è l'unica vera certezza, anzi il "baricentro della nostra personalità" (così lo definisce Marco Ferrini). Non è un'invenzione della logica per far quadrare i conti, un'approssimazione metaforica, una sovrastruttura costruita per dominare le coscienze. Tutt'altro, è la fonte della nostra reale originalità, coscienza, libertà, capacità di donare.

E' più che reale, è la vita stessa, ma pochissimi vi indirizzano la propria attenzione!

Come dar da bere a un fiore innaffiandone le foglie (non è una mia metafora, la prendo in prestito). 

Il punto secondo me - non l'unico in realtà - è che fa soffrire rendersi conto che si stanno annaffiando le foglie e cominciare a chiedersi se non sia forse quello il motivo del nostro dolore, a volte sottile, a volte cocente, sconvolgente. Fa soffrire percepire la nostra distanza da noi stessi. 
E fa paura, perché obbligherebbe di per se a mettersi in viaggio. Ma non sappiamo da che parte cominciare, abbiamo - di nuovo - paura di perderci durante la traversata, abbiamo paura di essere giudicati se saremo "troppo" noi stessi, abbiamo paura di dover rinunciare a sicurezze (giudizi, credenze su noi stessi e gli altri, fonti di piacere che potrebbero non dissetarci più), abbiamo paura di smarrirci e non saper più ritrovare le coordinate nella vita quotidiana. 

Ok, anch'io ho tanta paura. 

Chi ha voglia di continuare comunque in questo viaggio?

martedì 17 settembre 2013

Esserci

Oggi è una giornata di settembre tersa e soleggiata.
Un vento leggero, fresco, la rende gradevole, carezzevole.
Anch'io vorrei essere come questo vento: vitale, leggero, pulito.
E come la montagna davanti alla finestra: ferma, tollerante, presente.
E come il cielo: luminoso, vasto, aperto.
Come la strada: reale, tutta da percorrere.

giovedì 29 agosto 2013

Spirito romantico 0:1 vs libero arbitrio

Ci ho pensato: uno spirito romanticamente fatalista non può andare d'accordo con l'idea dell'uomo faber vitae suae.
La mia posizione attuale è "equilibrista": non mi sento fatalista, mi piace però coltivare dentro di me la fiducia in una dimensione che trascenda il mio libero arbitrio.
Mettiamo ordine nei pensieri:
1. Sono responsabile di tutto quello che mi succede: questa è una lezione che ho interiorizzato. Non sempre è facile accettarlo, ma intuitivamente sento che è proprio così.
2. Il mondo funziona seconda una Legge, il Dharma, che non ho scritto io. Non ho deciso io che fosse così, eppure questa Legge permea tutta la mia esistenza, le vostre esistenze.
3. Quindi ben venga la fede nel libero arbitrio, contemperata però sempre dalla consapevolezza che non siamo i signori del mondo, Qualcuno ci precede per consapevolezza, immensità e amore.
Libertà personale allora non come sforzo titanico e con pretese di onnipotenza, ma come discesa dentro se stessi per fare un lavoro di pacificazione, purificazione, immissione di amore dentro di sé. Per poi agire in linea con la Legge del Dharma.
Libertà come adesione alla legge interiore.
Ossimori?
Continuando sulla linea di queste riflessioni, voglio dirvi una cosa. Questa parola, "Legge", vi spaventa?
Beh, aspettate a trarre conclusioni. A mio modesto avviso il primo passaggio per farsi amica quest'idea è uno e ve lo spiego subito.
Nel mio percorso si sta rivelando fondamentale un aspetto che molti ricercatori, nella fretta di migliorare il proprio comportamento e di compiacere uno standard e aspettative proprie o di altri, scavalcano a piè pari come fosse poco rilevante. A quel punto anche il percorso "spirituale" o di crescita personale -se vi suona meglio- si può rivelare un trabocchetto: indosso il ruolo di spiritualista, di ricercatore, l'ennesima trappola delle identificazioni in questo o quel ruolo. E' come se la disciplina (meditativa, comportamentale, qualunque essa sia) si costituisse come escamotage per non affrontare in silenzio, con se stessi, le domande intime che solo a tu per tu con noi stessi ci possiamo porre.
Della serie: non so chi sono, mi sembra rischioso pormi la domanda, intanto mi comporto come mi hanno detto è giusto fare e rimando a un domani il confronto con la mia verità. E intanto ci estraniamo ancora una volta da noi stessi.
Questo aspetto di fondo è l'amore verso se stessi, il perdono di se stessi, l'accettazione del proprio nucleo originario, l'accettazione dell'essere al mondo, l'innamoramento verso l'avventura del vivere qui e ora.
Amore per se stessi: vi fa paura? Vi sembra più facile amare altri?
Pensate che sia prima necessario comportarsi bene con gli altri per meritarsi amore?
Ma CHI si sta comportando bene con gli altri?
Che rapporto avete voi con voi stessi? Rispettate e amate la vita dentro di voi?
Piccoli pensieri come tracce del mio cammino.
Buona giornata!

lunedì 26 agosto 2013

Incontri del "destino"

Ho incontrato una persona ieri che mi ha detto delle parole. Le stesse che sto leggendo in un libro.
Vi capita mai?
Era una donna molto tranquilla, che ha parlato come chi ha attraversato con piena presenza le esperienze della vita. Era una donna che mostrava sincero humor, profondità e leggerezza.
Bene, mi sono detta. Molto, molto bene.

Si può essere una donna in questo modo: forza, grazia e humor.

Bene, molto molto bene.

Grazie Carmen!

mercoledì 21 agosto 2013

L'attrazione del buio e la scelta di cambiare.

Ho deciso di cambiare.

Per cambiare bisogna guardare quello che va cambiato. Inevitabilmente uno sguardo nel buio va gettato.

E qui in passato sorgeva sempre un problema: il magnetismo che i "problemi" esercitano su di me. Guardare nel fondo dell'anima è sempre stata un'avventura incredibilmente affascinante ai miei occhi. 
E' un po' come se Dante, ritrovandosi nella foresta oscura, si fosse sentito inesorabilmente attratto dalla foresta stessa, con i suoi suoni, odori e presenze senza nome. 
Qualcosa dentro di me mi spinge a credere che dentro il dolore più forte ci sia uno stretto passaggio che porta alla gioia più pura. Lo credo ancora, ma c'è un però: il dolore, il buio, l'abisso attraggono. Sono più forti di noi. Esplorarli da soli, dimenticando che il percorso continua, è pericolosissimo. E, in fondo, questa direzione di ricerca -se non è finalizzata e aperta ad Altro - si esaurisce in un movimento sterile, come scavare nella sabbia girando su se stessi.

Amavo visceralmente i quadri di Schiele. Egon Schiele. 

Attraverso il suo guardo sull'essere umano sentivo che il mio dolore acquisiva un senso. Era per lo meno vero e forse anche bello. Avevo 17 anni.

Vivevo dentro i quadri di Van Gogh.
Mi chiedevo: "Se Van Gogh non avesse sofferto così crudelmente, ci avrebbe restituito tanta bellezza?"

Il profondo è magnetico. 

Ora sto arrivando al mio nocciolo della questione: ogni vita è una storia diversa. Io non sono Schiele, né Van Gogh. Io ho il mio abisso, ho le mie vette, i miei paesaggi collinari e marini. Oceani, cumuli nembi della coscienza. 

E' l'avventura del viaggio ora ad attrarmi e la possibilità di veleggiare sopra i cosiddetti "problemi" per conoscere, conoscermi e innamorarmi sempre di più della vita.

Il profondo è vero. 
Il profondo è autentico. 
Questo lo rende interessante. 

La sofferenza è una conseguenza del voler cristallizzare le esperienze, del volerci identificare in una fase del percorso, del volerci definire per sempre, chiudendo alternative di sviluppo. A volte arriva, scrive un capitolo del nostro libro, aggiunge intensità e peso al nostro romanzo esistenziale, eppure in essa non sta il senso. 

Un po' di dolore lo accetto, come è bello sentirsi stanchi dopo aver camminato tutto il giorno nel mondo, tra gli altri e dentro di sé. Questo dolore ci parla spesso dei nostri limiti. Punto.

Ho deciso di cambiare. Verso dove

Sto facendo un lungo elenco di situazioni negative in cui non mi sono sentita bene. Le sto volgendo al positivo. Per me, per esempio, è importante esprimere la mia creatività anche in senso artistico e poter decidere in autonomia come gestire il mio tempo. Ho deciso che se questo ha senso per me, va rispettato.

Ho deciso di cambiare. Per essere davvero me stessa.

Ciao, alla prossima!







martedì 6 agosto 2013

Aspettarsi qualcosa dagli altri

Mi scontro ogni tanto con le mie aspettative riguardo al comportamento degli altri e a quelle di altri riguardo al mio.
Mi pare di poter dire con una certa precisione che esistono due atteggiamenti di fondo verso gli altri, atteggiamenti diametralmente opposti: tendenziale fiducia e tendenziale sfiducia. 
E' faticoso uscire dalla trappola soffocante della sfiducia: ogni piccola "sbavatura" - non conformità a una rigida aspettativa - viene interpretata come prova ("ha ha, ti ho beccato!") della inaffidabilità della persona.
Quando sono "vittima" di queste proiezioni di sfiducia innanzitutto cerco di rendermene conto. 
Quando ne sono il "carnefice" è più difficile, perché l'emozione è cocente e sembra "vera", mentre è il riflesso distorto di una errata interpretazione. 
Devo fare i conti con la frustrazione e la rabbia della persona che si sente "delusa" dal mio comportamento, con le sue recriminazioni e accuse.

Eppure non credo che la soluzione stia nel gratificare costantemente gli altri.

Nel suo libro "I quattro accordi" Don Miguel Ruiz elenca 4 nuovi accordi con cui sostituire vecchie credenze limitanti e condizionanti, tra questi mi interessa qui il secondo: 
"Non prendere nulla in modo personale", perché "Quando prendete le cose personalmente vi sentite offesi e la reazione è quella di difendere le vostre convinzioni, creando conflitti". 
E ancora "Non m'importa cosa pensate di me, perché non prendo in modo personale le vostre opinioni. Quando la gente dice: "Miguel, sei il migliore", non sta parlando di me. Lo stesso quando mi dicono: "Sei il peggiore". So che quando siete contenti mi direte che sono un angelo, ma se siete irritati direte; "Miguel, sei un essere disgustoso (...)."*

Così la mia sarebbe una strategia alquanto dannosa se dovessi comportarmi in modo tale da non deludere mai nessuno. Dovrei costantemente impegnarmi ad aderire alla visione del mondo di questo o quello. Visione che spesso è pesantemente condizionata da esperienze pregresse non elaborate. 

A mio parere la cosa migliore che possiamo fare è aderire alla nostra coscienza, radicando la nostra felicità nella coerenza tra essere e agire. Se a questo punto qualcuno si dovesse sentire ancora offeso, potremo cogliere la sua insofferenza verso il nostro comportamento come la proiezione dei suoi condizionamenti. E, se ce la sentiamo, quando l'emozione si è raffreddata, dargli una mano a superare il problema. 
Lo stesso sto cercando di fare con me stessa: se mi arrabbio mi prendo un momento di pausa, mi sdraio e mi ascolto. Spesso dietro la rabbia c'è molto altro, è solo un'estrema difesa. Da cosa? Chiedendoselo senza parole, in ascolto, la rigidità della prima reazione scompare e si comincia a entrare in vero rapporto con se stessi. 

La mia intenzione è camminare attraverso la vita con autenticità, leale verso la mia natura.

Piacere costantemente agli altri è faticoso e inibente. Pretendere che gli altri ci gratifichino costantemente lo è altrettanto. 

* Don Miguel Ruiz, "I quattro accordi" (tit. originale "The four agreements"), Ed. Il Punto d'Incontro, 2001, Vicenza

mercoledì 31 luglio 2013

Essere a contatto con il dolore tutti i giorni

Se c'è una cosa che mi riesce a destabilizzare è la mancanza di empatia del personale sanitario.
Oltretutto lo sperimento sempre nelle situazioni di maggiore fragilità, come è ovvio.

Non parlo per tutti, nessuno si senta offeso, ma vorrei fare comunque una riflessione.



Il contatto quotidiano con il dolore crea vere e proprie deformità comportamentali e lessicali:
"E' arrivato un arresto" significa "Hanno portato un signore con un arresto cardiaco"
"Sono riuscita a liberarmi grazie a questo dispnea con dolore toracico" : "Fortuna (!) che hanno chiamato il 118 per questa persona che ha difficoltà a respirare e dolori al torace perché a stare tutto il tempo in ospedale mi stavo veramente stufando"

E tante altre piccole e grandi assurdità di fronte alle quali non so mai come comportarmi: farlo notare con il rischio che i rapporti si incrinino a danno del paziente?
Stare zitta con il rischio che il paziente abbia a soffrire di questi modi sbrigativi?

Io non giudico la natura e l'intenzione di queste persone. Fanno un lavoro esposto alla sofferenza, per rimanere aperti e disponibili ad accoglierla ogni giorno è necessario fare un grande lavoro su di se e molti, credo, non hanno gli strumenti per farlo.

Però qualcuno glieli potrebbe dare, no?
Corsi obbligatori di intelligenza emotiva per persone a contatto con il dolore altrui.


Mai come in quei momenti abbiamo bisogno di orecchie che sanno ascoltare e occhi buoni, attenti. La competenza tecnica è importante, ma da sola non può bastare.

Il paziente non può diventare un oggetto da manipolare secondo procedure spersonalizzanti.


domenica 28 luglio 2013

Anima e ragione

Anima: si
Ragione: non sono sicura
Anima: no
Ragione: eppure ne trarresti un vantaggio
Anima: è andata così
Ragione: si ma se avessi, si ma se non avessi, sei sempre la solita
Anima: sono felice
Ragione: ma non per molto!

Forse questo dialogo immaginario tra anima e ragione assume tinte un po' troppo pessimistiche.
Un autore di nome Vadim Zeland ha scritto che nella concordanza tra anima e ragione sta racchiuso il segreto per trovare nella vita la propria stella, la nostra vocazione, quella che Hillman chiama "daimon".
Esiste per ognuno una porta, una chiave di accesso alla propria realizzazione.

E sapete cosa? Il tentativo di assomigliare a qualcun altro o di avvicinarci ai sogni di altri ci allontana inesorabilmente da questa realizzazione. La vita si espande dove c'è la massima differenziazione e creatività, non dove c'è omologazione, anche a livello biologico.

Perciò meglio abbandonare l'invidia e, in silenzio, ascoltare quello che sta succedendo in noi.

Se quando cominciate un'impresa sentite una qualche resistenza è il momento di fermarvi e ascoltare.

Se un'impresa al contrario vi sembra impossibile domandatevi se vi porterà reale soddisfazione o se volete compiacere un'idea di "successo" presa in prestito dagli altri. Nel primo caso il "come" si svilupperà grazie alla concordanza di anima e ragione, nel secondo caso è probabilmente da abbandonare.

Queste idee le ho prese in prestito da "Il fruscio delle stelle del mattino", di Vadim Zeland.

Buona giornata!

giovedì 25 luglio 2013

Acqua














acqua:

silenzio.

acqua - buio sulla superficie
macchie gialle dei lampioni

fondo freddo, vorticoso e
oscuro

fluire scrosciare

gorgogliare

rifluire -

silenzio;

e di nuovo fluire a tratti allegro

eco lontano

moto da luoghi antichi -

in cerchi non conclusi, aperti:

acqua
fuori
e dentro.

non si può nominare
né possedere

fermare quello che ascolto

che sento.

io stessa:

acqua.

mercoledì 17 luglio 2013

Soggetto vs oggetto

Chi è chi, cosa è cosa?

La domanda, posta in termini diversi, riguarda la distinzione che inconsciamente siamo portati a fare tra oggetti di cui servirci e soggetti con cui rapportarci.

L'estensione della categoria dei soggetti è a mio parere il segnale della progressiva maturazione di un individuo.

E' un processo di estensione esterna ed interna, perché riguarda anche la presa di coscienza di parti interne cui spesso vorremmo sottrarre voce - temendole. Sono parti indomite, a volte selvagge, che ci ricordano la nostra provenienza animale. Ignorarle porta a pericolose fratture, incongruenze, nevrosi. Vanno ascoltate, come ascolteremmo un interlocutore cui riconosciamo la nostra stessa dignità di esserci, di esistere.

Cosa ci impedisce di considerare interlocutori oltre ai bipedi sapiens sapiens gli animali?

Le piante?

I minerali?

I fiumi?

Le stelle?

Non si tratta di vacuo romanticismo o sentimentalismo, ma di un processo di presa di coscienza e integrazione fondamentale per la sopravvivenza di tutti gli esseri viventi.

Apprezzo perciò la coerenza e l'apporto riflessivo dell'amica Giusi nel suo sito www.animalmente.it, che vi invito a visitare.

Grazie e alla prossima settimana!

lunedì 15 luglio 2013

SI' e NO

La volontà di perfezione non va d'accordo con la felicità.
Lo spirito di miglioramento del migliorabile e accettazione di quello che momentaneamente non può essere cambiato sì.
L'attenzione al dettaglio fuori posto non va d'accordo con la felicità.
La visione d'insieme e l'intuizione della natura delle cose, sì.
L'inappellabilità dei giudizi, anche su se stessi, no.
La curiosità verso i propri territori potenziali inesplorati, sì.
Il destino, no.
Il viaggio di ricerca, sì.
Parlare dei massimi sistemi all'una di notte dopo una giornata stancante e voler avere ragione su tutto, no.
Aspettare di essere riposati per affrontare temi importanti, rendendosi pronti ad accogliere aspetti del punti di vista altrui, sì.
Volere la felicità in pronta consegna davanti alla porta, no.
Accogliere i segni del buono che c'è con spirito investigativo e "obliquo", sì.
Schivare ogni possibile fonte di dolore rimanendo così imprigionati in schemi antichi, no.
Affrontare un dolore necessario per crescerci attraverso, sì.
Cercare il dolore per provare a se stessi che si esiste, no.
Accettare che il dolore può arrivare ma non tuffarcisi dentro, sì.
Accettare parti di sé che non ci appartengono più come parti del "pacchetto esistenza", no.
Lasciare fantasmi che non siamo più noi, sì.
Rimanere in ambienti soffocanti, freddi, giudicanti, no.
Cercare solo ambienti leziosi e sonnacchiosi, no.
Ricercare ciò che fa per noi, sì.
Ricercare sempre il piacere, fuggire sempre il dolore, no.

Individuare la propria stella e fare piccoli sacrifici per onorarla. SI'.


venerdì 12 luglio 2013

Linee rette, cerchi, zig-zag

Ci sono persone che procedono per sistematiche addizioni, perseguendo obbiettivi scolpiti nella roccia.
Altre si muovono a caso, senza sapere dove andare.
C'è chi rifiuta di dare un disegno al proprio percorso.
Chi non potrebbe vivere senza una programmazione.

Chi sente una spinta interiore a dare un significato al proprio tempo. Sente che la razionalità non basta a dare un nome a tutto questo. E pur tentando di porsi obiettivi definiti, che si possano toccare, godere anche, incontra spesso molto altro sul cammino.

E' facile per voi accettare l'impossibilità di reale controllo?

Quando vivevo a Pisa, nel 2003, mi colpì la seguente citazione di un grandissimo poeta romantico:

Doch uns ist gegeben,
Auf keiner Stätte zu ruhn
Es schwinden, es fallen
Die leidenden Mensch
Blindlings von einer
Stunde zur andern,
Wie Wasser von Klippe
Zu Klippe geworfen, 
Jahrlang ins Ungewisse hinab.

Ne propongo una mia traduzione senza pretese:

A noi non è concesso
di sostare in alcun luogo
Si inabissano, cadono
gli uomini sofferenti
Ciechi di ora
in ora
come acqua gettata da una roccia
all'altra
per anni interi giù verso l'Incerto.

E poi c'è il grande Brian Tracy, uno dei massimi esperti mondiali in coaching aziendale. Per Tracy l'essenziale

 è realizzare obiettivi seguendo alcuni passaggi fondamentali:
  1. Decidete COSA VOLETE esattamente in ogni area della vita, specialmente a livello finanziario;
  1. Mettete PER ISCRITTO, in modo chiaro e particolareggiato, i vostri obiettivi;
  1. Fissate una SCADENZA per ciascun obiettivo;
  1. Elencate tutte le cose che immaginate di dover fare per conseguire gli scopi: escogitate nuove idee;
  1. Organizzate l’elenco e strutturatelo in un PROGRAMMA D’AZIONE. Decidete quali sono le PRIORITA’ (da fare per prima cosa) e le cose meno importanti;
  1. AGITE SUBITO! Non procrastinate;
  1. Forse questo è il punto più importante: FATE OGNI GIORNO QUALCOSA che vi avvicini almeno di un passo all’obiettivo principale che avete fissato.
Brian Tracy
Poniamo che una persona si senta un Tracy hoelderliniano. Un Hoelderlin entusiasta. Pensate possa riuscire a mantenere in coabitazione dentro di sé una visione "misterica" della vita e la necessità di dare forma e sostanza alle proprie idee?
Pensate che le persone debbano amputare parti di sé per potersi integrare in un sistema rispondendo alle aspettative sociali?

Personalmente ho rifiutato questo ragionare dicotomico. In nome della complessità e dell'integrazione.
Della libertà di seguire il proprio demone interno.

Al prossimo post!

venerdì 5 luglio 2013

Indipendenza vs dipendenza

Il nostro potere personale ha dei limiti?
La nostra libertà ha dei limiti?

Io credo di sì. E sono gli altri a porli.

Ma

la mia non è una considerazione pessimista, tutt'altro.

Fortunatamente ci sono gli altri a mettere un fine alla nostra illusione di onnipotenza! Gli altri con i loro sogni, le loro realizzazioni, le loro strade diverse dalla nostra. Gli altri che non vanno manipolati. Gli altri.

Qualcuno dice "sei tu il tuo limite", "sei tu il tuo nemico".

Ma siamo sicuri che una vita senza limiti sia davvero così interessante?

Ci sono casi in cui ci boicottiamo da soli nella realizzazione delle intraprese più importanti.

Ma ci sono casi in cui non realizzare le cose è un bene! Perché spesso non teniamo in dovuta considerazione la complessità della realtà e la necessità in qualsiasi azione di non prevaricare nessuno, nemmeno a livello sottile.

Mi sono resa conto di quanto grande sia il mio debito verso una persona. Per cui ho voluto condividere con voi questa riflessione sulla preziosa limitatezza umana.

mercoledì 3 luglio 2013

Immagini


C'è spazio
e ritmo

Ci sono nuove

persone
cose

Finestra sulla strada
del mondo

C'è il piacere
di esistere

Esistere con te

In tua assenza esistere

In tua presenza

diversamente comunque

essere qui.

Oscuro desiderio di vivere del tuo sguardo

diventa fame di mondo

e movimento, come quello del pianeta

argentato, il mercurio che mi muove

- il mio sovrano - .

E di nuovo: vado. 

lunedì 1 luglio 2013

Costanza

La costanza è una qualità che ho dovuto rafforzare molto, perché ne ero costituzionalmente carente.
La costanza mi aiuta a trasformare i pensieri in azioni, perché l'eccesso di pensieri non mi imbrogli la mente.
Ancora più difficile per me era avvicinarmi a un'altra attitudine verso le cose, l'equanimità, che per me significa non salire sull'ottovolante del mondo ma guardarlo divertita da qualche metro di distanza.
Una volta mi piaceva immergermi nelle emozioni, ma poi ho capito che per me era un tentativo - sempre fallito - di fuga da me stessa, perché non è possibile per un essere umano azzerare la funzione cosciente ed essere emozione pura.
Adesso affronto i normali su e giù della vita con ironia distaccata.
Quando gli scossoni sono più grandi è più difficile, ma non impossibile.
A volte penso che la mia vita ha perso di intensità, ma la verità è che sto solo preparando il terreno a emozioni e intuizioni più vere, impossibili da ascoltare nel frastuono dei "drammi" di una volta.

Così i sì e i no, le cose simpatiche e quelle antipatiche, le giornate di pioggia e quelle di sole, i complimenti e le critiche, diventano esperienze da osservare e non più motivi di disperazione o vacuo ottimismo.

Quanto sono seria oggi!

A presto miei cari lettori e lettrici!

sabato 29 giugno 2013

Bella giornata

Oggi è stata una giornata ricca e gratificante.
Grazie al Veganima di Torbole per avermi dato uno spazio in cui parlare della mia idealità e dei prodotti Ringana.
Grazie a tutti quelli che hanno scherzato con me.
Dieci ore di lavoro che sembrano dieci minuti di gioco.
Quanto è bello questo lavoro?
Buonanotte a tutti!

venerdì 28 giugno 2013

Conoscersi

Ci sono persone che incontri per caso.
Due parole, una battuta, un po' di ironia.
E poi capisci subito che: gli daresti le chiavi di casa tua, le aiuteresti a fare un trasloco, condivideresti un viaggio insieme.
A me succede, spesso.
E la fiducia che ho riposto basandomi su queste poche sensazioni non è mai stata tradita.
Riconoscersi a pelle.
Non tutti sono così complicati da doverli sottoporre a esami estenuanti prima di essere considerati degni della nostra stima.
Chi ha detto che "non fidarsi è meglio"?
Ditemi che ne pensate.

giovedì 27 giugno 2013

La morte, le scelte, il valore dei soldi

Volevo scrivere dei soldi.
Per scrivere del valore dei soldi ho pensato di dover parlare della morte.
Ho pensato al fatto che in una certa vulgata popolare i soldi sono considerati sinonimo di materialismo, una porta aperta verso l'avidità.
E poi di pensiero in pensiero ho pensato che:
ci sono ricchi avidi e poveri generosi;
ci sono ricchi generosi e poveri avidi.
Che nella cultura vedica, madre di molte culture antiche, i soldi sono energia;
che l'energia può essere utilizzata bene o male.
E come in continuità diretta nella mia mente si stava formando un'altra riflessione, stimolata da eventi avvenuti recentemente.
Mi sono chiesta cosa vorrò avere dietro di me sul punto di morte:
Una vita di titubanze, vissuta aspettando arrivasse il mio momento?
Una vita di desideri, vissuta proiettata verso un futuro di felicità (un domani che, diventato oggi, perdeva sempre - inesorabilmente - di importanza)?
Giorni interi passati a rendermi conto di tante splendide cose, tutte vere, tutte belle, ma talmente vere e belle da avere quasi paura di viverle?
Giorni interi passati a sentirmi in fondo sempre inadeguata, quasi sbagliata, troppo distante da un certo modello di me?

Quello che mi piacerebbe è vincere su questa mia mente troppo prolifica di ipotesi.
Vorrei vincerla e affascinarla con il potere di ciò che in me è più vitale.
Metterla alle mie dipendenze e chiederle di aiutarmi a costruire la versione più interessante, appagante, brillante, luminosa, di vita che mi sia mai immaginata di poter realmente vivere.

E quella visione VIVERLA!

PS Non sono tutta di un pezzo. Sto imparando. Lo dico a me stessa e lo confesso in questo blog.

martedì 25 giugno 2013

Avere una buona opinione di sè

Uff, tema scottante.
"Vanitosa"
"Narcisista"
"Egocentrica"
Quante associazioni mi vengono in mente quando cerco di sviluppare una buona opinione di me!
Qualcosa dentro di me rema contro.
Ho fatto tanti errori.
Continuo a farne.
Come posso avere una buona opinione di me?
Queste sono le argomentazioni che emergono automaticamente.
Direi lo stesso a un caro amico che ha sbagliato? Verrebbe meno la fiducia nei suoi confronti?
E' una questione di fiducia, quindi. Di amore, si potrebbe dire. Di attitudine di fondo, insomma.
E qual è il punto, allora?
Il punto è che mi perdono. Lascio andare ciò che è stato. Io mi perdono.
In questo modo si liberano molte energie. Ci si dà la possibilità di esistere nuovi giorno dopo giorno.
La vita torna a essere fresca.

lunedì 24 giugno 2013

Esperienze


SI'!!!

Ieri e l'altro ieri giornate di incontri ed esperienze al Festival dell'Informazione Indipendente di Arco.
Forte il desiderio di uscire dai luoghi comuni, di spezzare la coltre dell'apatia, del già visto e sentito.
Oggi ripenso a quello che ho detto e ascoltato e sento il bisogno di riposare, rielaborando quello che è stato.

Il mio desiderio è molto forte: essere me stessa e aiutare gli altri a farlo IN relazione.

Alla prossima!

giovedì 20 giugno 2013

Che cos'è il successo?

Il successo è ciò che viene dopo, come risultato di un'azione. Anche in tedesco "er-folg", conseguenza, ciò che segue.
Quindi il successo non è qualcosa di straordinario e irraggiungibile, ma è il semplice risultato delle nostre azioni. Ben calibrate, consapevoli, lucide.
Come ci muoviamo, così determiniamo i nostri scenari.
Il successo non è qualcosa per manager ammalati di lavoro o superstar assetate di fama e riconoscimenti, ma  è per tutti (quelli che lo desiderano).
E per ognuno la gratificazione deriva dal raggiungimento di obiettivi diversi.
Quali sono i vostri?

C'è qualcun altro però che incide sulla nostra rotta, ed è il nostro inconscio. Il nostro inconscio non è controllabile direttamente, ma indirettamente. Lo possiamo nutrire di immagini che siano per noi fonte di ispirazione profonda, che appaghino davvero la nostra sete di realizzazione.

Prendetevi del tempo per nutrire queste immagini. Siete già lì.




lunedì 17 giugno 2013

Here we go!

Dalla visione alla realizzazione: ma come?

"Un viaggio lungo mille chilometri inizia con un piccolo passo". Lao Tze.

Il cominciare porta con sé una grande energia e una grande emozione.

E una grande magia.

venerdì 14 giugno 2013

Per chi desidera visualizzare la mia pagina professionale, l'indirizzo è il seguente:
www.vitafresca.it

Qual è il nostro dovere? Chi lo decide?


"Non ho mai tempo per me"
"Mi piacerebbe fare quella cosa ma costa troppo"
"Verrei ma sono troppo stanca-stanco"

Quante volte troviamo delle giustificazioni per non guardare la nostra situazione?
Quante volte cerchiamo ostacoli esterni per non chiederci quali sono le nostre reali priorità?
Quante volte non ascoltiamo i messaggi che ci arrivano da noi stessi sotto forma di stati d'animo apparentemente inspiegabili, disagi fisici o mentali dapprima lievi poi sempre più massicci, dimenticanze apparentemente casuali, parole apparentemente sfuggite di bocca, motivetti musicali che chissà perché ci vengono in mente di punto in bianco...

Come un motivetto, che mi risuona nella mente ogni tanto, quando improvvisamente mi trovo a inseguire un pensiero: "nessuno mi può giudicare nemmeno tu". Ma è poi COSI' importante quello che pensano gli altri? E' davvero essenziale piacere agli altri?
Per meglio dire: è davvero essenziale CAMBIARE, SIMULARE, ATTEGGIARSI per piacere agli altri?

Ma: e se fosse il contrario? Se essere la versione più sincera e autentica di sé, imparando a comunicare ciò che si è nel modo più sincero possibile (non un semplice e generico "lasciarsi andare") fosse di ispirazione anche per gli altri? Una SINCERITA' CHE NON FERISCE.

Se spogliarsi di rigidità INUTILI fosse di liberatorio stimolo anche per chi ci osserva?

Se essere se stessi fosse una via da percorrere e non un miraggio impossibile in una società sempre più complessa, anzi complicata?

Dietro agli atteggiamenti cosa c'è? Dobbiamo forse aver paura di trovare qualcosa di incontrollabile dentro di noi? Dobbiamo muoverci nel mondo come eterni estranei a noi stessi, incapaci di sostare un attimo in nostra compagnia?

Si tratta davvero di doveri?

In che sogno viviamo? In che immagine di mondo viviamo?

Scelgo la strada del dubbio riguardo a questi presunti doveri.

Scelgo la strada dell'incertezza rispetto alla certezza dei ruoli già scritti.

Scelgo la strada del non-giudizio rispetto a quel rassicurante "aver già capito tutto".

A voi!



martedì 11 giugno 2013

Equilibrio e distacco


"Compi il tuo dovere con equilibrio, o Arjuna, senza attaccamento al successo o al fallimento. Tale equanimità si chiama yoga"

B.G. 2, 48

Abbandonare la necessità di essere riconosciuti dagli altri è un esercizio quotidiano,
è lasciare le zavorre.

C'è un'unica Persona a cui piacere e parla in silenzio nella coscienza.


lunedì 10 giugno 2013

Eventi di interesse

Amiche e amici, i prossimi appuntamenti:

13 giugno, ore 20.00, ristorante vegano Codamacchiata, Via San Sebastian, 21, Zona Interporto, Trento Nord
Serata di interesse per chi ama i prodotti ecologici e senza violenza
http://www.codamacchiata.it/

22 e 23 giugno, partecipazione al Festival dell'Informazione Indipendente, Arco
http://www.festivaldellinformazione.blogspot.it/

29 giugno, pomeriggio e sera, ristorante vegano Veganima, Via Linfano, 52, Arco
pomeriggio e serata insieme a Ringana: filosofia, vision, caratteristiche dei prodotti vegani Ringana


www.vitafresca.it

La follia di esistere

Lavorare quando si vuole, dove si vuole, con chi si vuole.
Lavorare a beneficio di sé e degli altri, senza recare danno a nessuno.
Lavorare divertendosi, promuovendo valori, incontrando le persone e offrendo loro la stessa opportunità.
Lavorare con semplicità, liberando il tempo.
Lasciare la propria "comfort zone" ed esplorare le proprie potenzialità.
Avventurarsi.
Scoprire se stessi nel fare ispirato agli ideali.
Cosa c'è di meglio?

Ho una visione: creare un team di molte persone, una grande squadra che cresce insieme. Non importa l'età, il genere, la provenienza sociale, l'erudizione.
Importano la curiosità, l'entusiasmo, il coraggio, la determinazione, la "follia".

Perché pensare che la felicità sia possibile, molti lo chiamano "follia".

Volete partecipare a questa visione?


mercoledì 5 giugno 2013

Praticare

Nessuno può diventare uno yogi, o Arjuna, se mangia troppo o troppo poco, se dorme troppo o troppo poco. 
Chi è moderato nel mangiare e nel dormire, nello svago e nel lavoro, può mitigare tutte le sofferenze materiali con la pratica dello yoga.
BG. 6, 16-17

 Esiste una pratica sana anche nel lavoro. Un eccesso di investimento di energia non controbilanciato porta all'esaurimento delle energie e alla frustrazione.
La mia attività di promozione di prodotti ecologici e vegan mi entusiasma e affascina ogni giorno, ma nonostante ciò mi impegno a porvi un freno, perché non risucchi tutte le mie energie.
Buon lavoro!

Una grande grande famiglia



Il prossimo evento informativo, perché lo dice la parola stessa, "cosmetica": se si parla di bellezza, si deve parlare di etica.
A presto!



Cominciare


Ciao a tutti le mie visitatrici e i miei visitatori,
questo è il primo vagito del mio nuovo blog.