mercoledì 9 ottobre 2013

Paura di non ritrovare quello che si pensava di essere

Qualcuno lo chiama "spirito", altri "anima". In questo modo la maggior parte delle persone si riferiscono a qualcosa che trascende l'esperienza ordinaria, cioè la percezione dei sensi. 
E quindi quasi tutti noi pensiamo si tratti di aspetti astratti dell'esistenza, di cui forse sapremo qualcosa dopo morti. 
Mi viene in mente un aneddoto riferitomi da un'amica insegnante di religione. Un bambino le chiede: "Maestra, ma se quando moriamo l'anima va in paradiso e il corpo sotto terra, io dove vado?". 
E probabilmente la nostra esperienza personale non ci darebbe gli strumenti per rispondere a quel bambino. 
Eppure tutte le grandi Tradizioni, i maestri, gli scritti sacri, le annotazioni lasciateci dai ricercatori dell'esistenza, ci dicono che questo "spirito" o "anima" per altri, è l'unica vera certezza, anzi il "baricentro della nostra personalità" (così lo definisce Marco Ferrini). Non è un'invenzione della logica per far quadrare i conti, un'approssimazione metaforica, una sovrastruttura costruita per dominare le coscienze. Tutt'altro, è la fonte della nostra reale originalità, coscienza, libertà, capacità di donare.

E' più che reale, è la vita stessa, ma pochissimi vi indirizzano la propria attenzione!

Come dar da bere a un fiore innaffiandone le foglie (non è una mia metafora, la prendo in prestito). 

Il punto secondo me - non l'unico in realtà - è che fa soffrire rendersi conto che si stanno annaffiando le foglie e cominciare a chiedersi se non sia forse quello il motivo del nostro dolore, a volte sottile, a volte cocente, sconvolgente. Fa soffrire percepire la nostra distanza da noi stessi. 
E fa paura, perché obbligherebbe di per se a mettersi in viaggio. Ma non sappiamo da che parte cominciare, abbiamo - di nuovo - paura di perderci durante la traversata, abbiamo paura di essere giudicati se saremo "troppo" noi stessi, abbiamo paura di dover rinunciare a sicurezze (giudizi, credenze su noi stessi e gli altri, fonti di piacere che potrebbero non dissetarci più), abbiamo paura di smarrirci e non saper più ritrovare le coordinate nella vita quotidiana. 

Ok, anch'io ho tanta paura. 

Chi ha voglia di continuare comunque in questo viaggio?

3 commenti:

  1. La paura è initimamente legata a doppio filo con il controllo, se si smette di controllare cosa succede? se si cessa di credere di poter controllare cosa accade?...è da quel vuoto di potere che nasce la paura, la personalità si innalza e chiede che le venga data giustizia, un trono e il Regno che le spetta, ma poi si ritrova ancora ai bordi del paese sotto il castello, a chiedere la carità. La questione non è tanto se esiste Anima o Spirito, ma se sappiamo quale posto ha dentro di noi. Sei pronta al viaggio? bene! Ma sappi che all'inizio e per un certo periodo di tempo, dovrai tornare sui tuoi passi prima di andare avanti.

    09 ottobre 2013 23:36

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    1. "dovrai tornare sui tuoi passi prima di andare avanti": per rivisitarli e trasformarli, per rivederli, riviverli con nuova coscienza.

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  2. Prima di tutto riconoscere che certi fiori vivono benissimo anche se annaffiati sulle foglie. Questo vuol dire che la diversità individuale esiste e credere di poter conformare tutti alle stesse conclusioni sarebbe un grande errore.
    Non avere strumenti per rispondere alla domanda innocente di un bambino vuol dire cedere all'incertezza, quando è chiaro che appunto una risposta soddisfacente c'è eccome. Spero che quel bambino abbia avuto la risposta dall'insegnante di religione!
    Ho trovato una frase non mia ma che sposo: "LA VITA E' L'ARTE DI ARRIVARE AD UNA CONCLUSIONE SODDISFACENTE PARTENDO DA PRESUPPOSTI INSUFFICIENTI".
    Ma tutta questa ricerca, che spesso assomiglia ineluttabilmente ad un esercizio psicologico, dove conduce il vero Essere, se parte continuamente da presupposti come paura, rinuncia a sicurezze, giudizio, smarrimento, dolore? Tutti sentiamo che intimamente si fa fatica a progredire. Credo che molte volte sia un alibi nascondersi dietro la paura, salvo chiedere perdono se si sbaglia. Si sbaglia sapendo di sbagliare ma poi nella vita reale tutti sbagliano e chiedere perdono risulta superfluo ed anacronistico. Anche se in alcuni gravi casi aiuta.
    Facciamo del nostro meglio e sporchiamoci le mani! Le "cose umane" vanno riconosciute, rispettate, onorate, esattamente come le sacre scritture e le fedi. Se l'uomo non avesse l'occasione di avere a propria disposizione un sentiero irto di difficoltà, di poter rischiare e sbagliare, mancherebbe assolutamente la definizione stessa di crescita.
    Anima o spirito... Vero, l'unica vera certezza, baricentro della personalità! Ma se per paura non si conosce nemmeno la propria parte limitata ed umana, la si nega, in nome di una ricerca superiore, pensando che accettare l'umano sia cosa da comuni mortali, allora si perde l'umiltà, il senso della realtà e si cade in confusione.
    Io continuo comunque in questo viaggio. Cerco di tenermi alla larga da chi mi vuole insegnare tutto o piegare la mia idea a tutti i costi in un'altra direzione. Lasciatemi vivere tutto sulla mia pelle!

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